TRA NOBEL E GENTE NOIOSA
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"Evitare la gente noiosa. Lezioni da una vita nella scienza". E' il titolo della biografia dello scienziato James Watson, premio Nobel per la medicina nel 1962, il decifratore del Dna, ora balzato agli onori della cronaca per le "simpatiche" dichiarazioni da Ku Klux Klan rilasciate in merito alla sua teoria sull'inferiorità dell'intelligenza dei neri rispetto ai bianchi. Tra lo sdegno generale, i colleghi confermano che ama la provocazione. Un hobby lodevole per un uomo insignito del premio destinato a chi ha apportato contributi eccezionali alla società. Sarebbe ingiusto sottovalutare il suo contributo alla scienza, ma è legittimo indignarsi di fronte a un personaggio che ha dato se stesso per il mondo, ma che del senso della vita ha capito ben poco. E mi chiedo se il titolo del libro appena pubblicato non si riferisca al fatto che Watson pretenda di suggerire di evitare la gente che, a suo giudizio, è da considerare "noiosa". Su quale criterio si fonderebbe il suo concetto di noioso, senza il rischio di cadere nel paradosso? Uno che si permette di giudicare gli altri, non rischia forse di essere emarginato dalla stessa società in cui vive, considerato solo una persona capace di procurare noie, e dunque noiosa? Bisognerà leggere la sua autobiografia per scoprire il senso del titolo. Ma, se i miei dubbi sono fondati, Watson ci avrà sorpresi ancora una volta: l'avrà scritta con una tale umiltà da sconsigliarci di prestare ascolto alla gente noiosa come lui.
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