SOTTO I COLPI DEI PASDARAN
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Se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto. A un mese dalla rinuncia di Papa Benedetto XVI alla visita all’università La Sapienza di Roma in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico, il rettore Renato Guarini ha fatto visita al Pontefice, consegnandogli i doni che Ratzinger avrebbe dovuto ricevere lo scorso 17 gennaio a intervento concluso. Nei giorni seguenti a quel giovedì di gennaio, del resto, Guarini aveva già ribadito il suo rammarico per il fallimento della visita, affermando che avrebbe rivolto di nuovo il suo invito al Papa, interpretando il desiderio della maggioranza dell’ateneo. Una situazione che lasciava supporre che il rettore fosse rimasto vittima di un laicismo “vile”, meritevole di questo attributo in quanto fautore del fallimento di una rara occasione di dialogo costruttivo tra dottrine diverse, dato che di fede e ragione è meglio discutere, lasciando ad una minoranza il potere di negare la libertà di
parola a un Papa che era stato invitato a intervenire, e che si sarebbe espresso in qualità di intellettuale piuttosto che di pastore. Guarini avrebbe preferito calmare le acque, dunque. E, forse, il fatto che sia stato lui a recarsi dal Papa, non rispettando quanto detto in precendeza (“al più presto rivolgerò il mio invito al Papa”) potrebbe essere stato la conseguenza del timore di tornare sotto i colpi di quella minoranza di “pasdaran”, che ha infiammato le cronache d’Italia e non solo.
parola a un Papa che era stato invitato a intervenire, e che si sarebbe espresso in qualità di intellettuale piuttosto che di pastore. Guarini avrebbe preferito calmare le acque, dunque. E, forse, il fatto che sia stato lui a recarsi dal Papa, non rispettando quanto detto in precendeza (“al più presto rivolgerò il mio invito al Papa”) potrebbe essere stato la conseguenza del timore di tornare sotto i colpi di quella minoranza di “pasdaran”, che ha infiammato le cronache d’Italia e non solo.
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