Rangoon. Dieci giorni di intense manifestazioni in Birmania da parte di monaci e gente comune, accorsa per appoggiarli nella sfida al regime militare che opprime la Birmania da 45 anni, sono bastati perchè polizia e militari decidessero di passare dal presidio dei monasteri alla repressione. Nel giro di qualche secondo, migliaia di persone si sono ritrovate con le armi automatiche puntate addosso e pronte a sparare. Una raffica di colpi ad altezza d'uomo, con il suo rumore assordante, ha coperto le voci dei manifestanti che schernivano la polizia e si erano raccolti intorno ai monaci buddisti per proteggerli. E intanto tutti sono corsi ai ripari, per evitare di restare vittime degli spari. Resta incerto al momento il numero delle vittime, forse quindici. Quello dei manifestanti, invece, ha raggiunto cifre considerevoli: fonti confermano che la folla riunitasi alla Pagoda di Sule, teatro nel 1988 delle manifestazioni studentesche, abbia raggiunto il numero di 50 mila elementi, soprattutto giovani e studenti, dato che la maggior parte dei monaci è stata arrestata giovedì scorso nel corso di raid notturni che li hanno visti vittima delle percosse da parte della polizia e poi portati nelle carceri attarverso i camion. Un'operazione che ha assunto i connotati di una vera e propria deportazione, condotta dalla Giunta con tempestività per evitare reazioni da parte della gente, che considera sacri i bonzi e di conseguenza intoccabili. I manifestanti non accennano a fermarsi di fronte alla repressione condotta dai militari, e adesso è caccia ai giornalisti stranieri, che rappresentano un pericolo considerevole per il regime militare del generale Than Shwe, in quanto stanno diffondendo, soprattutto attraverso il web, le atrocità di una dittatura che per troppi anni è riuscita a non farsi conoscere dal resto del mondo.
0 commenti:
Posta un commento