Un dossier della Confesercenti rivela la dura realtà: un fatturato di 90 miliardi, il 7% del Pil, per un totale di 160 mila vittime del racket
Roma. Le cosche hanno raggiunto un fatturato di 90 miliardi di euro l'anno, pari al 7% del prodotto interno lordo. E' quanto risulta da un rapporto realizzato dalla Confesercenti, che ha rilevato un dato inquietante: la mafia è al primo posto tra tutte le aziende italiane. Dal dossier è emerso che nel mirino del racket sono finite ben 160.000 vittime, costrette a versare sei miliardi di euro l'anno. Cifre da capogiro, alle quali si affianca un dato altrettanto impressionante: 130.000 del totale dei commercianti taglieggiati risiede nel meridione, in Sicilia, Campania, Calabria e Puglia, in cui la malavita gode di un impero quasi inespugnabile. Gli usurai guadagnano addirittura il doppio della cifra sborsata dalle vittime del racket: 12 miliardi di euro l'anno, sottratti alle tasche di 150.000 imprenditori, costretti a sottostare a un tasso di interesse che si attesta intorno al 10 per cento mensile. Un dato, quest'ultimo, che ha avuto come principale conseguenza la chiusura per fallimento di una buona parte dei taglieggiati, precisamente 165.000 attività commerciali e 50.000 alberghi. Quelli che emergono dal dossier realizzato dalla Confesercenti sono dati che rivelano la presenza di una rete capillare, sfruttata con efficienza dalla malavita, difficile da distruggere, soprattutto perchè anche le aziende più importanti sono solitamente costrette a cedere al racket, pur di poter ottenere gli appalti, e poter così svolgere le proprie attività "normalmente". Nei riguardi dei grandi imprenditori taglieggiati il giudizio della Confesercenti è stato severo:"la connivenza rende più forti rispetto alla concorrenza". Le critiche vanno alla concezione secondo cui è meglio cedere al racket per "quieto vivere, quasi a sottoscrivere una polizza preventiva". Incredibili le cifre sborsate poi dai piccoli imprenditori: a Napoli, per avere un banco nel mercato, un ambulante deve pagare alla camorra una cifra che varia dai 5 ai 10 euro al giorno, così come il titolare di un negozio deve cedere alla malavita di quartiere tra i 100 e i 200 euro al mese. Cifra, quest'ultima, che lievita a Palermo, attestandosi talvolta sui 200 e i 500 euro. Nel capoluogo siciliano, per aprire un cantiere è necessario stanziare 10.000 euro in favore della mafia e 5.000 per l'apertura di un supermercato. Alla luce di queste cifre, è ovvio ammettere che è in atto una profonda ingerenza del racket nella vita quotidiana delle persone. Un fenomeno così presente da essere spesso sottovalutato, se non dimenticato, tanto siamo assuefatti allo stupro del quale sono quotidianamente vittime i nostri valori e la nostra cultura. Una piaga che non si potrà debellare se prima non si sarà compreso appieno il grado di contaminazione in atto tra le cosche e le istituzioni.
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