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CronacaNet.com - di Corrado Cancemi
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Accordo Italia-Libia: "uniti sull'immigrazione"

Siglato il patto miliardario Berlusconi-Gheddafi sui risarcimenti coloniali. Previsti lotta alla clandestinità e aumento del greggio per l'Italia

Bengasi. E' stato siglato oggi, con l'incontro tra Berlusconi e Gheddafi, lo storico accordo Italia-Libia destinato a porre fine a 40 anni di malintesi tra il nostro Paese e l'ex colonia italiana. Il trattato di "amicizia, partenariato e cooperazione", stipulato sotto la tenda del leader della Jamahiriya, stabilisce che l'Italia dovrà risarcire la Libia con circa 5 miliardi di dollari in 20 anni. Un applauso dei presenti ha accolto la firma dell'accordo, che prevede, a fronte degli indennizzi stanziati dall'Italia a favore della Libia, la riduzione del numero di clandestini provenienti dalle coste libiche e diretti in Italia e la fornitura di maggiori quantità di gas e petrolio libico al nostro Paese. Riguardo al tema della clandestinità, l'impegno teso a ridurla comporterà la spesa di 200 milioni all'anno per i prossimi vent'anni, erogati sotto forma di investimenti in progetti infrastrutturali nell'ex colonia. "La firma di questo trattato ha una portata storica e chiude definitivamente la pagina del passato" è stato il commento del premier Silvio Berlusconi, che si è detto soddisfatto per la stipulazione di un accordo che "deve mettere fine a 40 anni di malintesi: c'è un riconoscimento completo e morale dei danni inflitti alla Libia da parte dell'Italia durante il periodo coloniale". Il discorso tenuto dal nostro capo di governo è partito dal ringraziamento rivolto al leader libico, "che ha voluto fortissimamente arrivare a firmare questo accordo, che giunge dopo quei momenti tragici e drammatici dell`occupazione italiana del vostro Paese", ed ha raggiunto il suo momento clou con il rivolgimento delle scuse, a nome del popolo italiano, all'ex colonia:" A nome del popolo italiano, come capo del governo, mi sento in dovere - ha affermato il Cavaliere - di porgere le scuse e manifestare il nostro dolore per quello che è accaduto tanti anni fa e che ha segnato molte delle vostre famiglie". Negli accordi rientrano poi investimenti per un'autostrada costiera che attraversi tutta la Libia, dall'Egitto alla Tunisia. E' prevista inoltre la costruzione di alloggi nel Paese nordafricano, borse di studio per studenti libici e pensioni di invalidità per i mutilati vittime delle mine anti-uomo poste dall'Italia su territorio libico durante il periodo coloniale. Berlusconi ha inoltre riconsegnato a Gheddafi la statua della Venere di Cirene, che fu scoperta da archeologi italiani nel 1913 e da allora custodita al Museo nazionale romano. La restituzione era stata già decretata nel 2002, ma Italia nostra aveva presentato ricorso al Tar del Lazio. Nella giornata di oggi, dunque, sono state prese decisioni importanti, alle quali tuttavia i due leader sono giunti in un clima di perfetta cordialità: Berlusconi ha mostrato a Gheddafi le foto dei suoi nipotini, mentre ha potuto conoscere personalmente qualche nipotino del leader della Jamahiriya. E poi lo scambio dei doni, con un leone d'argento dalla testa apribile, contenente le due penne e il calamaio per siglare l'accordo portato dal Cavaliere, e un abito bianco di lino con camicia, recato in dono dal leader libico al premier italiano.
Sdegno dall'Associazione Italiani Rimpatriati - Incredulità e sdegno. E' stata questa la reazione degli eredi della ex collettività italiana di Tripoli, che male hanno accolto i punti del trattato. L'Associazione Italiani Rimpatriati, che da 38 anni li rappresenta, si batte per ottenere una legge che chiuda il contenzioso per i beni confiscati da Gheddafi agli italiani, sempre rinviata causa "mancanza di fondi". Giovanna Ortu, presidente dell'Associazione, ha affermato: "Berlusconi ci ha dimostrato che quando si vuole, o meglio quando si è costretti, tutto è possibile, anche far saltare fuori dalle poste di un bilancio critico come il nostro cifre enormi, ma bisogna trovare in contemporanea il coraggio di dare riscontro a chi ha pagato, per conto del Governo italiano, il più pesante degli acconti ed è in credito da quasi quarant'anni.

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Crisi del Caucaso, Medvedev: intervento corretto

Mosca. "Dopo che l’Occidente ha riconosciuto l’indipendenza del Kosovo, come avrebbe potuto la Russia dire no alle aspirazioni d’indipendenza dell’Abkhazia e dell’Ossezia del sud, considerato anche l’attacco che stavano subendo dalla Georgia?", così si è espresso al Financial Times il presidente russo Dmitri Medvedev in merito alla crisi del Caucaso, ribadendo la legittimità dell'intervento di Mosca a favore del riconoscimento dell'indipendenza dalla Georgia delle due repubbliche indipendentiste dell'Ossezia del sud e dell'Abkhazia. Il capo del Cremlino motiva l'intervento russo mostrando il parallelismo con la situazione kosovara, risoltasi con la dichiarazione di indipendenza del Kosovo dalla Serbia lo scorso febbraio, ottenuta grazie all'importante appoggio dell'Occidente. Una dichiarazione di indipendenza che Medvedev considera "illegale". E ha proseguito: "Noi abbiamo argomentato a ragione che sarebbe stato impossibile, dopo tutto quel che era accaduto, dire agli abkazi e agli osseti (e a decine di altri gruppi nel mondo) che quel che era giusto per gli albanesi kosovari non lo era per loro. Nelle relazioni internazionali non si possono avere delle regole per alcuni e regole diverse per altri". Il capo del Cremlino ha inoltre affermato che Mosca ha tentato di persuadere il governo georgiano a firmare un accordo che impedisse l'uso della forza, ottenendo una risposta negativa. Una rivelazione che Medvedev tiene a sottolineare perché mostra una Russia costretta ad intervenire a fronte del rifiuto di agire diplomaticamente dimostrato dal presidente georgiano Mikhail Saakashvili. Ha infatti concluso:" Non è stata una guerra che abbiamo scelto. Non abbiamo piani per il territorio georgiano. Le nostre truppe sono entrate in Georgia per distruggere le basi da cui era stato lanciato l’attacco".
La Francia teme "altri obiettivi" russi - Sono parole dense di preoccupazione, quelle espresse dal ministro degli esteri francese Bernard Kouchner, che, a fronte di una "situazione pericolosa", teme che la Russia punti verso "altri obiettivi", come la Crimea, l'Ucraina, la Moldavia. Il ministro francese ha affermato che "la Russia è fuori dalla legalità internazionale, e questa non è solo l’opinione dell’Unione Europea". Intanto, nel corso del vertice previsto per il prossimo lunedì, i ventisette capi di Stato potrebbero prendere una decisione determinante.

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