Bari. L'ennesimo, tragico caso di morte sul lavoro, si è verificato nella zona industriale di Molfetta, nel barese, lo scorso lunedì. Cinque operai hanno perso la vita in un'autocisterna di zolfo, rimanendo uccisi uno dopo l'altro dalle esalazioni nocive. Le prime quattro vittime sono decedute subito: si tratta di Guglielmo Mangano, 43 anni; Luigi Farinola, 36 anni; Biagio Sciancalepore, 22 anni e Vincenzo Altomare, 63 anni, titolare della ditta di lavaggio di autocisterne "Truck Center". A quel punto le uniche speranze erano state riposte sull'annunciato miglioramento delle condizioni di salute dell'unico operaio rimasto in vita, il giovane 20enne Michele Tasca. Ma anche la quinta vittima non ce l'ha fatta. Tasca si è spento questa mattina all'alba, dopo che il bollettino medico in nottata aveva evidenziato un peggioramento delle sue condizioni, parlando di "grave compromissione dello scambio respiratorio legato a stato di edema

polmonare acuto". Secondo quanto ricostruito dai vigili del fuoco, gli operai lavoravano alla manutenzione di un'autocisterna adibita al trasporto di zolfo sotto forma di polvere. Nella giornata di ieri, in particolare, avevano il compito di lavare la cisterna. Il primo a calarsi al suo interno era stato l'operaio Guglielmo Mangano, che ha accusato subito i primi malori. A quel punto Vincenzo Altomare, titolare della ditta, è intervenuto per soccorrerlo, ma è rimasto vittima a sua volta delle esalazioni. Nel giro di poco tempo, il fallimento del tentativo di soccorso dell'autista di un camion di un'altra ditta che opera nella zona industriale e di altri due operai, tutti rimastri uccisi dallo zolfo, ha completato la strage. Restano però molti dubbi sulla dinamica di un'incidente che, per le cause e i momenti del suo svolgimento, risulta ancora da chiarire. Il professor Giancarlo Umani Ronchi, ordinario di Medicina Legale all'Università "La Sapienza" di Roma, ha spiegato che negli ultimi decenni episodi del genere sono stati rari, anche se riconosce l'estrema fatalità degli stessi:" Quando si formano vapori di zolfo di anidride solforosa o idrogeno solforato - spiega l'esperto - il sangue non si ossigena più, viene

bloccata l'emoglobina, e si muore per asfissia. Non respiratoria, ma sanguigna. Non c'è molto tempo, quasi subito interviene la perdita di conoscenza, che probabilmente è quello che è capitato agli operai scesi nella cisterna per tentare di soccorrere la prima vittima, e si muore. C'è poco da fare, ci vorrebbe (ma solo se sono passati pochi istanti di esposizione) un'immediata rianimazione e un soccorso con ossigeno, ma anche in questo caso le speranze sono pochissime, lo zolfo è un elemento che una volta respirato non perdona". E sulle possibili precauzioni, che avrebbero forse evitato una simile tragedia, interviene Franco Sarto, vicepresidente dell'Anmelp (Associazione nazionale dei medici del lavoro pubblici), che afferma la necessità, per quegli operai, di essere protetti da scafandri:" Nelle autocisterne è difficile entrare con le bombole, per questo ci sono gli autorespiratori, collegati all'esterno con dei tubi".
2 commenti:
6 marzo 2008 alle ore 23:43
ti ho linkato!
ciao
8 marzo 2008 alle ore 10:32
Hi Corrado!
scusami off topic,
Ti ho linkato per un progetto
;)
Posta un commento