L'ex capogruppo dei senatori azzurri eletto presidente della Camera Alta alla prima votazione. Applausi bipartisan. "Fumata nera" alla Camera
Roma. Un solo tentativo di votazione ha sancito, nella giornata di ieri, la nomina del senatore siciliano Renato Schifani alla carica di presidente del Senato. Un ruolo di certo vicino alle sue esperienze politiche, dato che proprio alla Camera Alta Schifani è stato capogruppo dei senatori di Forza Italia. Con 178 preferenze sulle 162 necessarie, espresse già alla prima votazione svoltasi intorno alle 12:30, il successo di Schifani era apparso subito ben chiaro, e si è concretizzato all'atto della lettura delle schede da parte del senatore Giulio Adreotti. Un'elezione accolta dall'applauso dei compagni di partito, ma anche da molti esponenti dell'opposizione. Nel suo primo discorso da presidente, Schifani ha affermato che "ci aspetta una feconda stagione di r

iforme condivise. Mi impegno a svolgere il mio ruolo come garante delle regole". Non ha poi dimenticato di ribadire la necessità di "preservare il dialogo tra i Poli", essendo essenziale il mantenimento di una "reciproca legittimazione, la sola che permette di operare per il bene più importante: la crescita del nostro Paese e la salvaguardia dei valori costituzionali". Un successo nel quale Schifani, dettosi "emozionato" all'inizio della giornata, sperava e che in fondo prevedeva: "Una giornata storica, per la mia vita, e, credo, anche per il Paese", era stato il suo commento rilasciato ai cronisti prima della seduta in Aula presieduta da Andreotti.
"Fumata nera" a Montecitorio - Si è rivelata di tutt'altro tipo la votazione svoltasi nella giornata di ieri a Montecitorio. Dopo tre tentativi non è stato possibile raggiungere l'atteso risultato della nomina del presidente alla Camera, carica che spetterebbe a Gianfranco Fini. La situazione si è rivelata difficile, perché per le prime tre votazioni è previsto un quorum qualificato di 400 voti, impossibile da ottenere. Motivo per cui ci si affiderà al quarto tentativo, per il quale conta una maggioranza semplice. Una vera e propria "fumata nera" ha dunque caratterizzato il voto a Montecitorio, ma l'impossibilità di raggiungere il quorum necessario dei due terzi dell'assemblea era stata in realtà già prevista, e alla fine non hanno stupito i 325 voti andati a Fini, così come le 278 schede bianche derivate dalla scelta di Pd, Idv e Udc. Le schede nulle sono state 6, i voti dispersi 12. Nella seconda votazione, poi, ancora una volta la maggioranza dei 2/3 dei componenti dell'assemblea non è stata raggiunta, con 308 voti per Fini, 14 dispersi, 253 schede bianche e 14 nulle. Alla terza votazione, infine, Fini ha incassato 301 voti, 8 preferenze sono andate a Daniele Marantelli del Pd, le schede bianche sono state 245, le schede nulle 10, i voti dispersi 12.

Avviate le convocazioni - Le sedute di insediamento a Palazzo Madama e a Montecitorio sono state convocate quasi in contemporanea, nella mattinata di ieri, entrambe aventi all'ordine del giorno le formalità di insediamento (la costituzione dell'ufficio di presidenza e delle giunte incaricate della verifica degli eletti) oltre che l'elezione dei nuovi presidenti chiamati a sostituire Bertinotti e Marini. Ma per la nomina del presidente alla Camera bisognerà attendere ancora.
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