Rangoon. Non è opera dell'uomo, questa volta, la devastazione alla quale si trova sottoposta la Birmania meridionale da sabato 3 maggio, vittima indifesa al passaggio del temibile ciclone Nargis, che ha letteralmente spazzato le zone del sud, mettendole in ginocchio con venti che hanno raggiunto anche i 240 km orari. Il ciclone, proveniente dal Golfo del Bengala e classificato nella categoria tre, ha provocato maggiore distruzione nella regione del delta del fiume Irrawaddy. Ammontano ad oltre 27.000 i morti e a 41.000 i dispersi accertati, una devastazione che sembra aver raggiunto simili porzioni catastrofiche a causa dell'ondata di piena, alta 3,6 metri, che ha accompagnato la tempesta tropicale, con la conseguenza che la stessa ex capitale Rangoon, una tra le maggiori città birmane, ha sofferto persino la mancanza di acqua ed energia elettrica, con le strade riempite da detriti e macerie, e la città di Bogalay, situata nel delta dell'Irrawaddy, ha riportato danni di portata tale da lasciare la maggior parte dei suoi 190.000 abitanti senza tetto. Uno stato che ha costretto il regime militare ad aprire agli aiuti dall'estero, revocando il limite imposto, che permetteva solo all'Onu di intervenire in soccorso del popolo birmano. Ma, come affermato dal ministro della Protezione sociale Maung Maung Swe, gli esperti stranieri dovranno negoziare con la giunta l'ingresso in Birmania. Le autorità birmane non ritirano del tutto i paletti imposti in precedenza, dunque, tanto che il regime sta temporeggiando nel rilascio dei necessari visti ad adetti ed esperti delle agenzie umanitarie dell'Onu. Dal canto suo, la macchina degli aiuti internazionali è già stata messa in moto. Le Nazioni Unite hanno annunciato di essere pronte all'intervento immediato. A loro ha fatto seguito la Casa Bianca, che tuttavia ha sottolineato che si assicurerà di monitorare i propri fondi messi a disposizione del regime militare birmano, in modo che la giunta ne faccia un uso opportuno. Ha contribuito subito anche il Ministero degli Esteri italiano, che ha risposto all'appello della Ficross (Federazione Internazionale delle Croci Rosse e delle Mezze Lune Rosse) erogando, attraverso la Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo, un contributo pari a 123.000 euro. Il portavoce della Federazione della Croce Rossa internazionale, Michael Annear, ha assicurato che i primi, significativi aiuti sono già arrivati, con la distribuzione di 5.000 litri di acqua potabile, kit di sopravvivenza, pasticche di cloro per la potabilizzazione, teli di plastica, zanzariere e coperte. Intanto, secondo una stima effettuata dagli scienziati del Politecnico di Torino, la tempesta tropicale avrebbe coinvolto un totale di due milioni di persone. A margine di una situazione già abbastanza difficile, non mancano episodi in cui torna a preoccupare la linea politica dura adottata dal regime militare birmano. Un'organizzazione per i diritti umani thailandese ha raccontato che a causa del crollo delle soffitte di alcune celle, 1000 prigionieri sarebbero stati radunati in un cortile per evitare che tentassero la fuga, e proprio in quel luogo la polizia penitenziaria sarebbe intervenuta colpendoli con colpi d'arma da fuoco, uccidendone 36 e ferendone gravemente 70.
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