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CronacaNet.com - di Corrado Cancemi
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Petrolio oltre i 100 dollari al barile, nuovo record

Nuovo record del gasolio, che ha toccato 1,341 euro al litro. Monito dall'Ue all'Italia: a rischio deferimento. Aumenta anche il prezzo del grano

Milano. Non conosce tregua la preoccupante corsa del prezzo del petrolio, che oggi ha toccato cifre sopra i 100 dollari al barile. Al mercato di New York il greggio ha infatti aperto a 100,58 dollari al barile (+0,9%), un nuovo, allarmante record storico. A risentirne è stato il prezzo del gasolio, che in Italia - in un rifornimento Q8 della provincia di Roma - ha toccato 1,341 euro al litro. Ma gli aumenti non riguardano solo casi isolati. Nei listini di vendita consigliati dalla Total ai propri gestori, il carburante ha registrato un aumento che lo ha portato a 1,335 euro al litro. Il caso italiano, in particolare, ha animato il tavolo della Commissione europea che, per le "restrizioni nazionali sull'apertura delle stazioni di servizio" ha deciso di deferire il nostro Paese alla Corte europea di giustizia. Secondo quanto esposto in un comunicato di Bruxelles, infatti, tali restrizioni violano "l'articolo 43 del Trattato sulla libertà di stabilimento nell'Unione". Tuttavia, nello stesso comunicato, si precisa anche la decisione di concedere all'Italia "un termine dilatorio di quattro mesi per verificare la possibilitá di rilanciare e attuare concretamente una riforma del settore prima di procedere all'esecuzione della sua decisione di adire alla Corte Ue". Non sono sfuggite infatti alle analisi della Commissione le condizioni del caso italiano, che impediscono l'apertura di nuove stazioni di servizio al rispetto delle condizioni di programmazione del mercato. In alcune regioni, infatti, a causa della programmazione locale, l'apertura di nuove istallazioni viene subordinata alla chiusura di un certo numero di quelle già esistenti, o alla conformità alle disposizioni del piano regolatore.
Il grano si unisce alla corsa - In tutto questo non è da meno la corsa al rialzo del prezzo del grano che - al Chicago Board of Trade (il punto di riferimento del commercio internazionale delle materie prime agricole ndr) - ha raggiunto oggi il record di oltre 31 centesimi di euro al kg. A rassicurare è tuttavia la Coldiretti, che ha sottolineato come nell'Unione Europea, nonostante il fatto che l'aumento del prezzo del petrolio influenzi i trasporti, l'effetto sia contenuto grazie al buon rapporto di cambio dell'euro sul dollaro, ora di 1,5155.

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Déjà vu

SOTTO I COLPI DEI PASDARAN
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Se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto. A un mese dalla rinuncia di Papa Benedetto XVI alla visita all’università La Sapienza di Roma in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico, il rettore Renato Guarini ha fatto visita al Pontefice, consegnandogli i doni che Ratzinger avrebbe dovuto ricevere lo scorso 17 gennaio a intervento concluso. Nei giorni seguenti a quel giovedì di gennaio, del resto, Guarini aveva già ribadito il suo rammarico per il fallimento della visita, affermando che avrebbe rivolto di nuovo il suo invito al Papa, interpretando il desiderio della maggioranza dell’ateneo. Una situazione che lasciava supporre che il rettore fosse rimasto vittima di un laicismo “vile”, meritevole di questo attributo in quanto fautore del fallimento di una rara occasione di dialogo costruttivo tra dottrine diverse, dato che di fede e ragione è meglio discutere, lasciando ad una minoranza il potere di negare la libertà di
parola a un Papa che era stato invitato a intervenire, e che si sarebbe espresso in qualità di intellettuale piuttosto che di pastore. Guarini avrebbe preferito calmare le acque, dunque. E, forse, il fatto che sia stato lui a recarsi dal Papa, non rispettando quanto detto in precendeza (“al più presto rivolgerò il mio invito al Papa”) potrebbe essere stato la conseguenza del timore di tornare sotto i colpi di quella minoranza di “pasdaran”, che ha infiammato le cronache d’Italia e non solo.



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Kosovo, dichiarata l'indipendenza, Pristina esulta

Pristina. Dopo anni di strenua lotta per ottenere l'indipendenza dalla Serbia, il Kosovo ieri, da provincia serba, è divenuto Stato indipendente. E' stato il voto formale, svoltosi durante la riunione straordinaria del Parlamento di Pristina, a decidere sulla secessione già annunciata nei giorni scorsi da diverse fonti governative. E alla fine la svolta è arrivata. Il Kosovo "è uno Stato orgoglioso, indipendente e libero", ha annunciato fiero il premier kosovaro Hashim Thaci, prendendo la parola nel corso del vertice, e ha aggiunto:"Siamo fra le nazioni democratiche libere". Due i temi in agenda: la dichiarazione d'indipendenza e l'adozione dei simboli dello Stato. Prima dell'annuncio dell'indipendenza al pubblico, il presidente del Parlamento Jakup Kuasniqi, ha firmato la dichiarazione insieme allo stesso Thaci e al presidente Fatmir Sejdiu. Alla notizia dell'avvenuta secessione, Pristina ha risposto con grande euforia. Auto in festa per le strade, clacson, sirene, perfino corriere provenienti dall'Albania e cariche di gente accorsa per unirsi ai festeggiamenti dei "fratelli" kosovari, hanno accolto l'atteso risultato, l'agognata indipendenza di una provincia che, di fatto, ora è diventata Stato a se stante, il settimo stato venutosi a creare dopo la disintegrazione iugoslava. Manifestazioni di entusiasmo che per fortuna si sono mantenute entro i margini della moderazione, nonostante l'evidente tensione che sin dall'annuncio della proclamazione della dichiarazione unilaterale d'indipendenza si era venuta a creare tra Belgrado e Pristina. La Serbia, infatti, per bocca del suo presidente Boris Tadic, si è rifiutata di riconoscere l'indipendenza della sua ex provincia, "nata illegalmente come stato fantoccio", come ha affermato il premier serbo Kostunica.
Plauso dagli Usa -"Siamo rincuorati dal fatto che il governo abbia chiaramente proclamato la sua volontà e il suo desiderio di sostenere i diritti dei serbi in Kosovo. gli Stati Uniti continueranno a lavorare con i loro alleati per prevenire future violenze ". Così si è espresso il presidente Bush, dopo aver saputo dell'avvenuta secessione di Pristina dalla Serbia, e della rassicurazione di Thaci sul rispetto dei diritti dei serbi in Kosovo. Il presidente Usa si è detto soddisfatto del risultato, ed ha concluso:" Crediamo inoltre che sia nell’interesse della Serbia essere allineata con l’Europa e che il popolo serbo sappia che ha un amico nell’America".
Rifiuto della Russia - Tutt'altro che favorevole a quanto accaduto, la Russia ha ribadito fermamente che sosterrà le istanze portate avanti dalla Serbia, con lo scopo di restituirle la sovranità sul Kosovo.
La parola d'ordine dell'Ue: moderazione - "La comunità internazionale non tollererà alcuna azione violenta in Kosovo". Già in passato l'Unione Europea aveva dimostrato più volte la sua intenzione di affrontare simili questioni delicate con la massima cautela e moderazione, le stesse invocate dal portavoce del Consiglio Ue Jens Mester.
Ue profondamente divisa - Ma a colpire è l'assenza di una linea unitaria all'interno di un' Unione che, pur contando tra i suoi membri quegli stati che 10 anni fa sostennero il Kosovo contro l'occupazione serba, di fatto si trova divisa ora che il Kosovo è uno Stato indipendente. Oggi, al termine del vertice svoltosi a Bruxelles tra i ministri degli Esteri dei 27, quel che è emerso è stata solo la volontà di consentire a ciascun membro dell'Ue di prendere la propria decisione "in linea con le pratiche nazionali e le norme giuridiche".

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Kosovo, domenica l'indipendenza, il premier tace

Pristina. Il discusso giorno della secessione del Kosovo potrebbe essere alle porte. E' quanto trapelato da fonti governative a Pristina, che sosterrebbero che sia stata prevista una data esatta per lo strappo definitivo della provincia dalla Serbia. La proclamazione dell'indipendenza da parte del Parlamento kosovaro sarebbe data in agenda per domenica 17 febbraio alle 17. In subbuglio la stampa mondiale, che si è accalcata intorno alle personalità politiche in cerca di conferme su un'operazione che, di fatto, rappresenterebbe un grande passo, storicamente agognato, per i kosovari, ma anche motivo di grave offesa per la Serbia, in quanto, come già più volte ribadito dal premier serbo Vojislav Kostunica (nella foto), "è inaccettabile parlare del Kosovo, una provincia della Serbia, come di un futuro stato". Sulla questione della possibile dichiarazione di indipendenza, il premier kosovaro Hashim Thaci, interrogato lo scorso venerdì in conferenza stampa, ha preferito glissare, rifiutandosi di annunciare ufficialmente la data della secessione e ripetendo:"Non risponderò a nessuna domanda sull'argomento". Tuona invece il fronte serbo, con il premier Kostunica deciso a opporsi alla secessione "con gli argomenti e metodi democratici", nonostante "le campagne, le pressioni, le offerte e le minacce subite". Il premier serbo ha spiegato chiaramente il motivo di tale rifiuto, sottolineando che "la Serbia deve entrare nell'Ue integra, come vi sono entrati tutti gli Stati membri", perchè il suo Paese non può rinunciare alla "storia e alla memoria". Sulla stessa frequenza il capo dello Stato Boris Tadic, che ritiene necessario "conservare la sovranità e l'integrità territoriale della Serbia, compreso Kosovo e Metohija, come parte costituente della Repubblica di Serbia". La situazione si fa sempre più scottante, specie a seguito del fallimento di qualsiasi possibile accordo, come emerso nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, convocato d'urgenza lo scorso giovedì su richiesta di Mosca e Belgrado. Proprio giovedì, l'ambasciatore Vitaly Churkin, rappresentante russo nel Consiglio, secondo alcune fonti diplomatiche, ha mostrato un quadro della situazione che vedrebbe solo cinque paesi - Usa, Francia, Gran Bretagna, Belgio e Italia - schierati a favore del piano che porta il nome dell'ex mediatore dell'Onu per il Kosovo Martti Ahtisaari, piano che mira all'indipendenza della provincia serba. Se la Serbia non cederà nella sua strenua opposizione, forse anche per questa volta per il Kosovo non ci sarà alcuna svolta storica, e dovrà accontentarsi di una trattativa pacifica, "la sola adatta a risolvere un problema così complicato", come sostiente il ministro degli Esteri serbo Vuk Jeremic.
Articoli precedenti: martedì 11 dicembre 2007 - Kosovo verso l'indipendenza su condizioni dell'Ue

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Napolitano scioglie le Camere, al voto il 13 aprile

Nessun accordo di maggioranza sulla riforma della legge elettorale, Napolitano deluso scioglie le Camere. Al via la campagna elettorale

Roma. "La decisione di sciogliere le Camere, sentiti i loro presidenti, è divenuta obbligata visto l'esito negativo degli sforzi che ho diversamente compiuto nella convinzione che elezioni così fortemente anticipate costituiscano un'anomalia rispetto al normale succedersi delle legislature parlamentari, non senza conseguenze sulla governabilità del paese". E' un presidente della Repubblica deluso, quello che ha deciso di firmare il decreto di scioglimento della XV legislatura. Giorgio Napolitano si è detto rammaricato per il fatto di "dover chiamare gli italiani alle urne senza che la riforma elettorale sia stata approvata", sebbene la scelta di sciogliere le Camere fosse ormai necessaria, dato l'evidente fallimento del mandato esplorativo, affidato al presidente del Senato Franco Marini lo scorso 30 gennaio, che "purtroppo non è stato coronato da successo", nonostante "l'impegno e lo scrupolo" dimostrati dalla seconda carica dello Stato. Il presidente Napolitano non ha dunque nascosto la propria delusione per il fallimento della ricerca di un punto di intesa tra le frange politiche sulla riforma della legge elettorale. Un punto, quest'ultimo, considerato dal capo dello Stato di estrema importanza, dato che, come ha precisato nel suo intervento "già nel febbraio dello scorso anno, rinviando al Parlamento il governo dimissionario, avevo evidenziato la necessità di una modifica del sistema elettorale vigente. Ma nella discussione che da allora è seguita hanno a lungo pesato le incertezze tra le forze politiche. Si era tuttavia giunti nelle ultime settimane sulla soglia di una possibile conclusione. Di qui il mio auspicio affinché si procedesse con quella riforma come primo passo verso una revisione delle regole di funzionamento della competizione politica". Nella mattinata di oggi, proprio a seguito dell'ufficializzazione, tramite decreto, dello scioglimento del Senato e della Camera dei deputati da parte del presidente Napolitano, è arrivata la decisione del Consiglio dei ministri, che ha fissato la data delle elezioni politiche per domenica 13 e lunedì 14 aprile. Secondo quanto deciso dal Consiglio, i simboli dei partiti dovranno essere depositati al Viminale tra la mattina di venerdì 29 febbraio e domenica 2 marzo. Le liste dei candidati dovranno essere presentate tra la mattina di sabato 9 marzo e le 20 di domenica 10. Martedì 29 aprile ci sarà la prima seduta del Parlamento di quella che di fatto sarà la sedicesima legislatura nella storia della Repubblica. Unico punto ancora in discussione, vedere se sarà possibile o meno effettuare l'accorpamento del voto per il rinnovo del Parlamento con quello delle amministrative.
E Veltroni disse: "Yes, we can" - Sulla scia del motto pronunciato dal candidato alle primarie statunitensi Barack Obama, Il leader del Pd Walter Veltroni ha aperto una campagna elettorale che vedrà il suo partito "correre da solo", anche al Senato, dove - afferma il segretario del Pd - formerà in caso di vittoria un governo di 12 ministri. L'annuncio di Veltroni arriva nello stesso giorno in cui l'ex premier Romano Prodi ha confermato la sua decisone di non volersi ricandidare alle prossime elezioni. Veltroni ha spiegato che quella del Pd è "una scelta coraggiosa", ma almeno - spiega - in questo modo il suo partito si presenterà alle elezioni senza aver stretto alleanze "pasticciate". E ha conclsuo: "Sul programma si cercheranno convergenze con forze che si collocano nel campo della sinistra riformista, non in quello della sinistra radicale"
Mastella sull'uscio di casa Cdl
- L'ex Guardasigilli, Clemente Mastella, ospite nel programma "Porta a porta", ha confermato di essere in fase di trattativa con L'Udc, e ha anche lanciato un messaggio al Cavaliere: "Se dal centrodestra, dalla Casa delle libertà, mi arriverà una proposta che mi convincerà, dirò di sì". Ma è subito bufera dalla Lega, che mette il veto sull'ipotesi dell'ingresso del leader dei Popolari Udeur in casa Cdl. Roberto Castelli, a "Ballarò", è molto chiaro: "Non credo che Mastella sarà nostro alleato: esiste un patto che dice che per allargare l'alleanza tutti i fondatori della Cdl devono essere d'accordo. Siccome la Lega è contro, l'Udeur non entra".

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Catania, la festa di S.Agata in mano a Cosa Nostra

Catania. All'inizio sembravano semplici voci di popolo, dicerie alle quali nessuno prestava ascolto. Ma quando, lo scorso giovedì 31 gennaio, è stato notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari ad Antonino e Francesco Santapaola, Enzo, Alfio, Vincenzo ed Agatino Mangion, e a Salvatore Copia, quelle voci di popolo hanno trovato conferma. A Catania, anche sulla festa della patrona Sant'Agata, incombe l'ombra della Piovra. Secondo quanto dichiarato dal sostituto della direzione antimafia Carmelo Petralia, e da Antonio Fanara della procura distrettuale, Cosa Nostra catanese, rappresentata dalle famiglie Santapaola e Mangion, sarebbe riuscita ad assumere il controllo della "manifestazione di maggior valore simbolico per la comunità catanese, con conseguente accrescimento del prestigio criminale dell'organizzazione mafiosa, ed affermazione della stessa come uno dei centri di potere della città". Secondo quanto emerso dalle indagini, il potere delle cosche, dal 1999 al 2005, si sarebbe esteso al punto da inglobare, oltre al controllo di tempi e ritmi della processione religiosa, anche quello del business dei fuochi d'artificio e della vendita della cera, fino ad arrivare al controllo del ricavato dei venditori di torrone e palloncini. A favorire le manovre della mafia catanese sarebbe stato il controllo esercitato dalle stesse cosche sulla gestione dell'associazione cattolica Circolo Cittadino Sant'Agata, ossia l'associazione di devoti, avente un ruolo di primo piano nell'organizzazione dell'intera festività. La sconcertante notizia arriva in un momento molto delicato, essendo apparsa proprio alla vigilia della festa, che ogni anno ha luogo il 4 e il 5 febbraio, ed è seguita da un numero così alto di persone (si parla di cifre dell'ordine di milioni) da essere divenuta negli anni la terza festa religiosa nel mondo per importanza e partecipazione di popolo. A rendere il tutto più sconcertante, è il fatto che oltre ai citati boss mafiosi, accusati di associazione mafiosa, risulta indagato anche l'ex presidente del circolo cittadino Sant'Agata Pietro Diolosà, per il quale i magistrati ipotizzano il reato di concorso in associazione mafiosa. Quello che emerge dall'inchiesta è uno scenario forse prevedibile, ma che desta comunque scalpore e preoccupazione, soprattutto se si pensa che le cosche, avendo il potere di decidere i tempi della processione, possono stabilire a loro discrezione l'orario di rientro del fercolo in Cattedrale, allungando a proprio piacimento la durata del rito e, di conseguenza, aumentando i ricavi. Infine, non mancherebbero nemmeno scommesse per i fuochi d'artificio, flussi di denaro legati a scommesse clandestine riguardanti i festeggiamenti e, per finire, anche controlli esercitati sui compensi e sui benifici erogati a favore dei portatori delle candelore, i tradizionali ceri di legno.

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