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CronacaNet.com - di Corrado Cancemi
CronacaNet.com - di Corrado Cancemi

Se un Pennarello giallo può far luce sulla storia

UN ANNO INSIEME. Se considerati da un punto di vista matematico o statistico, dodici mesi, trecentosessantacinque giorni, non sono poi chissacché. Tutt'altra osservazione si può piuttosto dedurre se ci si accorge che in un anno, nel mondo in cui viviamo, dalla piccola realtà del nostro davanzale fino all'angolo più sperduto del globo, ne succedono di cose. Fatti degni di questo nome si accompagnano a notizie da ultima pagina, storie tragiche, comiche, grottesche, affascinanti si sommano in un grande mix dal quale sembra quasi difficile venire fuori portandosele tutte con sé, in modo da raccontarne almeno i contorni, per lasciarle impresse, nel tutto che fa la storia. Per non sovvertire quel concetto di informazione che presuppone, o - come io preferisco pensarlo - esige la presenza di una notizia e il suo scambio, la sua comunicazione e conseguente acquisizione da parte degli individui di ogni società che si rispetti.
Non sempre nella storia la libertà di informazione è stata concessa: il disastroso istinto dell'uomo alla tirannia ha ridotto l'opinione pubblica a sterile fantoccio schiavo di una sola ideologia. A ricordare la necessità di preservare la libera informazione è stato il presidente Napolitano, giorni or sono, in occasione delle celebrazioni per il centenario della Fnsi (Federazione Nazionale Stampa italiana): "Una stampa libera costituisce un elemento essenziale per l'equilibrio dei poteri proprio di ogni democrazia che sia vitale e ben ordinata". E non solo di stampa vogliamo parlare, ma di comunicazione nel senso più universale che il termine possa assumere. E' di fronte al sangue versato, alle sudate conquiste di uomini giusti, che oggi si gode di una libera informazione. Ed ognuno di noi è un cittadino del mondo fortunato, libero di prendere parte a questa comunicazione che più nessuno può fermare.
Nel maggio del 2007, al termine di un corso di laboratorio tenuto nella facoltà di Scienze della Comunicazione di Catania da una giornalista de La Sicilia più che determinata a far desistere noi studenti dall'idea di voler fare i giornalisti - la sua battaglia era motivata dal problema del rinnovo del contratto dei giornalisti, che non può avvenire - a suo avviso - se i giovani aspiranti continueranno a collaborare con le testate gratuitamente, facendo sì che gli editori li preferiscano a discapito dei giornalisti con contratto - decisi di mettere a frutto i basilari insegnamenti di quella giornalista che, suo malgrado, era ignara del fatto che, piuttosto che demoralizzarci, ci aveva dato una forza a lottare che mai avremmo trovato da soli.
Mi balenò in mente l'idea di creare un blog, non sapevo in realtà di preciso quale fosse il mio obiettivo concreto, ma volevo scrivere, mettermi alla prova, fingermi giornalista per superare i limiti di uno studente universitario, al quale in realtà in Italia poco o niente viene insegnato che gli permetta di imparare a svolgere il lavoro per il quale sta studiando.
Nacque un blog, che da subito si impostò come un piccolo laboratorio di giornalismo, una stanzetta nella quale tastare gli attrezzi del mestiere. Era il 28 maggio 2007. Da allora Il Pennarello giallo ne ha subite di trasformazioni, ma la sua anima è rimasta intatta: racconta il reale con l'occhio di chi vuole fare informazione, tralasciando i commenti, i discorsi di parte, per arrivare al fine vero del concetto di informazione stesso.
Ed eccoci qua, a toccare con mano, dopo un anno, dodici mesi, o trecentosessantacinque giorni che dir si vogliano, i risultati del mio lavoro. I fatti e le notizie d'attualità evidenziati per voi, come recita un nostro slogan, ci sono sempre, per ribadire che Il Pennarello giallo c'è e ancora ci sarà, pronto a raccontare e, augurandocelo, a far gustare la cronaca vera. Corrado Cancemi

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Emanati i dl su sicurezza e rifiuti, scontri a Napoli

Napoli. A due giorni dal primo Consiglio dei ministri "operativo" del Berlusconi IV, indetto lo scorso 21 maggio nella Prefettura di Napoli, ieri sono arrivati i primi frutti, con l'emanazione da parte del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano dei decreti legge sulla sicurezza e sull'emergenza rifiuti. Ma il dl riguardante il caso rifiuti non ha mancato di generare una situazione difficile: l'emanazione del provvedimento, che ha comportato l'individuazione delle discariche di Chiaiano e Terzigno (Napoli), Savignano Irpino e Andretta (Avellino), Ferrandelle a Santa Maria La Fossa e Cava Mastroianni in località Torrone a Lo Uttaro-Caserta (Caserta), Serre (Salerno) e Sant'Arcangelo Trimonte (Benevento), destinate allo sversamento delle migliaia di tonnellate di immondizia, ha infatti riacceso la tensione nel Napoletano. I primi incidenti tra polizia e manifestanti si sono verificati a Chiaiano, per un bilancio di dieci contusi e cinque fermi, secondo quanto riferito dai rappresentanti dei comitati anti-discarica. Proprio secondo questi ultimi, ai quali si uniscono voci non confermate, la polizia partenopea avrebbe adottato una linea dura tale da non desistere nemmeno dal caricare un gruppo in cui erano presenti anche donne e bambini. Ma la polizia nega che gli agenti abbiano commesso simili atti. Nella mattinata di oggi, un ragazzo è caduto da un parapetto ed è ora in gravi condizioni, mentre un agente è rimasto ustionato da una molotov. Solo nel pomeriggio, fortunatamente, la tensione si è allentata, e le circa 6 mila persone che hanno preso parte alla manifestazione anti-discarica hanno protestato pacificamente.
Maroni: reazione prevedibile, ma decisione saggia - Il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ha dichiarato che era prevedibile la reazione dei cittadini di Chiaiano di fronte al decreto legge sui rifiuti, ma ha precisato che "nel provvedimento abbiamo preso la decisione saggia di mettere una discarica in ogni provincia: è chiaro che non fa piacere avere una discarica sul proprio territorio, ma è un principio di equità, una scelta di democrazia".
E Bertolaso tuona: chiudere questa vicenda - Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai rifiuti, Guido Bertolaso, sottolineando la criticità della situazione, ha ribadito la saggezza del provvedimento sull'emergenza rifiuti, affermando:" Dobbiamo smetterla con le favole, con questo decreto legge intendiamo porre la parola fine a una vicenda che lo stesso presidente Napolitano in maniera ottimista e benevola ha definito penosa".

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Delitto di Cogne, 16 anni di carcere alla Franzoni

La Cassazione conferma la condanna a 16 anni di carcere ad Anna Maria. La difesa: "Non finisce qui". Soddisfatto il Ris di Parma

Roma. Stavolta, la tragica vicenda del delitto di Cogne potrebbe essere davvero arrivata al suo epilogo. Ieri, dopo circa tre ore e mezza di camera di consiglio, la prima sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 16 anni di carcere ad Anna Maria Franzoni, accusata dell'omicidio del figlio Samuele di tre anni avvenuto il 30 gennaio 2002, confermando in questo modo la sentenza emessa dalla corte di assise di appello di Torino nell'aprile del 2007. In risposta alla sentenza, la procura generale di Torino si è subito mobilitata, emettendo il provvedimento di esecuzione della condanna, quindi l'ordine di cattura. L'atto è stato firmato dal sostituto procuratore generale Vittorio Corsi, il magistrato che aveva sostenuto l'accusa al processo d'appello. Ad eseguire l'ordine di arresto sono stati poi i carabinieri della compagnia di Vergato, che lo hanno notificato ad Anna Maria a Ripoli Santa Cristina, sull'Appennino Modenese. La Franzoni è stata portata in una cella della sezione femminile nell'istituto penitenziario Dozza di Bologna. Il verdetto della Cassazione è arrivato dopo che erano state dichiarate infondate anche le due questioni di legittimità costituzionale avanzate dalla difesa. La richiesta presentata dal sostituto procuratore generale della Cassazione Gianfranco Ciani era stata chiara: con "umana sofferenza ma con giuridica certezza" - aveva affermato Ciani - chiedeva di "confermare la condanna a 16 anni di carcere". Adesso il consigliere relatore Emilio Gironi avrà trenta giorni di tempo per depositare le motivazioni del verdetto di Piazza Cavour.
Il fronte della difesa: "Non finisce qui" - Amareggiata e addolorata, la difesa tuttavia non si butta giù. "Speravamo molto in un esito differente ma la battaglia non finisce qui" ha commentato l'avvocato Paolo Chicco, uno dei penalisti difensori della Franzoni. E ha proseguito: "Ci sono ancora strumenti giudiziari che possiamo utilizzare: nel corso del procedimento Cogne-bis sarà possibile intervenire per la ricerca effettiva della verità". Ed è stato un commento carico di dolore anche quello espresso dall'avvocato Carlo Taormina, ex difensore di Anna Maria, che non ha esitato un attimo a denunciare che "se ne va in carcere un' innocente", condannata solo perchè "non si è trovato un altro colpevole".
Il Ris di Parma: "Giustizia è fatta" - Il reparto di investigazioni scientifiche dei carabinieri di Parma, che ha partecipato alle indagini nella baita di Cogne, si è detto soddisfatto dell'epilogo al quale è approdato il caso del delitto del piccolo Samuele. "La sentenza - ha detto infatti il colonnello all'Adnkronos - rende merito al lavoro rigoroso e scrupoloso del Ris di Parma".
L'opinione di Bruno Vespa: "E' stata lei, ma non lo sa" - Bruno Vespa, che ha dedicato ben 6 anni di puntate del programma Porta a Porta al caso del delitto del piccolo Samuele, pur dimostrando commozione per la triste conclusione di questa vicenda, che ha visto una mamma lasciare due figli piccoli per dover andare in prigione, ha affermato che a suo avviso è stata lei l'autrice dell'omicidio del figlio. Ma ha precisato:" Il problema è in quali condizioni lo ha fatto. Questo resta un grande mistero ed è il motivo per cui la gente si è tanto appassionata alla vicenda. Il caso Cogne è unico al mondo, non ne esiste uno simile. Un’imputata che per anni conferma lucidamente la stessa versione dei fatti. Resterà un caso di scuola e verrà studiato a lungo".
Leggi il primo articolo sul delitto di Cogne pubblicato sul Corriere della Sera il 31 gennaio 2002

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Déjà vu

A MENTI SOTTILI GIUSTO OSTELLO
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Mentre gli esausti cittadini del Napoletano, pur di vedersi liberati dalle montagne di rifiuti che li ricoprono dalla testa ai piedi, accettano di “barattare” San Gennaro con Silvio Berlusconi, promettendo di proclamarlo “santo subito” se risolve immediatamente l’emergenza rifiuti, c’è già chi si premura di offrire le strutture necessarie perché la compagine governativa possa riflettere nel completo relax nei giorni in cui sosterà a Napoli per il Consiglio dei ministri. Proprio per garantirsi un ozium adeguato alle preziose proposte che scaturiranno dalle proprie menti, i politici dovranno evitare il puzzo della monnezza. Ecco che per il Cavaliere è già pronto un balcone con vista mozzafiato sul golfo di Napoli, quello della stanza 521 dell’hotel Vesuvio che, tra l’altro, sarebbe una meta usuale del premier. Una suite imperiale, di 350 metri quadri, con piscina in camera, palestra privata, due bagni di cui uno con vasca idromassaggio extralusso e marmi pregiati. Il tutto per la cifra di 4.200 euro a notte. Mi scuseranno il Cavaliere e l’intero esecutivo, ammesso che degneranno un comune cittadino della loro considerazione, se il mio pensiero andrà inevitabilmente ai tanto lamentati problemi finanziari del Paese, ai tesoretti impossibili da accumulare, agli stipendi minimi di operai che non arrivano a fine mese. Ma è giusto così, per governare l’Italia non bastano l’ostello della gleba e uno stipendio da professore.

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Rifiuti, Saviano: monnezza alta come due Everest

Dal Festival del Cinema, lo scrittore Saviano assiste con rabbia al caos rifiuti, e ne denuncia i responsabili. A breve convocato un Cdm a Napoli

Cannes. Mentre l'emergenza rifiuti a Napoli e provincia non accenna a placarsi, con l'intero Napoletano che ha trascorso un'altra terribile notte tra incendi, blocchi stradali e un totale di 3 mila 500 tonnellate di immondizia sparse per le strade, lo scrittore Roberto Saviano, direttamente dal Festival del Cinema, in cui è presente per accompagnare il film di Matteo Garrone "Gomorra" tratto dal suo romanzo, non ci pensa due volte a bacchettare i responsabili del caos rifiuti, giunto terribilmente all'apogeo: "I boss ragionano come manager e la camorra gestisce un impero del crimine di cui i rifiuti sono uno dei settori più redditizi e in maggior espansione", afferma lo scrittore nonché cottadino impegnato, che non ha mai evitato di mettere a repentaglio la propria vita pur di mostrare la verità dei fatti, troppe volte dissimulata. E ha proseguito: "Grazie ai suoi prezzi concorrenziali, la camorra ha acquisito il monopolio del traffico dei rifiuti tossici. Da oltre trent'anni molte imprese del Nord e del Centro Italia hanno trasportato, tramite intermediari legati a cosche malavitose, le loro scorie al Sud, avvelenando i nostri terreni agricoli e favorendo l'aumento esponenziale dei casi di cancro. Se quei rifiuti illegali, gestiti dai clan, fossero ammonticchiati, formerebbero una montagna di 14.600 metri su una base di tre ettari, circa il doppio dell'Everest". Saviano si esprime con rabbia, mentre assiste all'acuirsi dell'emergenza rifiuti. Un tema che non a caso è uno dei principali del suo libro, e che Garrone ha voluto inserire in primo piano anche nel film. Al momento l'unica speranza per una rapida soluzione del caos rifiuti, la stessa invocata dall'Unione Europea, è da affidare al Consiglio dei ministri, che presto sarà convocato a Napoli.

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A 30 anni dal caso Moro, il "Giorno della memoria"

Roma. E' stato celebrato per la prima volta, oggi al Quirinale, il "Giorno della memoria", istituito con la legge n. 56 del 4 maggio 2007, dedicato al ricordo di "tutte le vittime del terrorismo, interno e internazionale, e delle stragi di tale matrice". La data scelta, il 9 maggio, è quella in cui quest'anno ricorre il trentesimo anniversario dell'omicidio di Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, rapito e ucciso dalle Brigate Rosse. Lo statista era stato preso in ostaggio dal commando di brigatisti il 16 marzo 1978, il giorno in cui Giulio Andreotti avrebbe presentato il nuovo governo. L'auto sulla quale viaggiava il presidente Dc insieme alla scorta venne bloccata in via Fani dalle Brigate Rosse, che uccisero i membri della scorta e sequestrarono Moro. Dopo 55 giorni di prigionia nel covo di via Montalcini, il 9 maggio 1978 la polizia trovò il corpo esanime di Aldo Moro in una Renault 4 in via Caetani a Roma, simbolicamente in prossimità delle sedi del Pci e della Dc. Nel giorno del ricordo delle vittime del terrorismo, prima di dare inzio alle celebrazioni, Napolitano ha depositato una corona di fiori davanti alla lapide che ricorda l'omicidio dello statista. Il presidente della Repubblica ha poi lanciato un messaggio carico di commozione, quello di "inchinarci con rispetto di fronte alla tragedia, al suo tormento umanissimo. Fu la tragedia non soltanto di un uomo, ma di un Paese". E ha ricordato i motivi che senz'altro mossero i terroristi verso il crudele obiettivo di rapire e uccidere l'ex presidente del Consiglio: "In Aldo Moro i terroristi individuarono il nemico più consapevole, che più di chiunque aveva colto, già nel 1968, quel che si muoveva e fremeva nella società". Gli atti commessi dai brigatisti - ha proseguito Napolitano - sono tanto ingiustificabili che "gli ex terroristi che hanno avuto benefici carcerari non devono cercare tribune per giustificare i loro atti di violenza. Non dovrebbero esserci tribune per simili figuri. Spesso il rispetto della memoria purtroppo è mancato proprio da parte di responsabili delle azioni terroristiche". Inevitabile, infine, la critica alla "reviviscenza dell'ideologia comunista e neonazista", della cui presenza, proprio in questi giorni purtroppo, è stata data prova concreta. Il discorso del Capo dello Stato, interrotto più volte per via della commozione, è stato preceduto dalla lettura di alcuni testi di Aldo Moro da parte dell'attore Arnoldo Foà, e seguito da una Sonata di Brahms per pianoforte e violino, eseguita dal maestro Salvatore Accardo.

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Giura l'esecutivo, nasce il governo Berlusconi IV

Roma. Con il termine della cerimonia di giuramento del nuovo governo, l'esecutivo con al vertice Silvio Berlusconi è entrato nel pieno delle sue funzioni. La cerimonia, piuttosto rapida, si è svolta nella giornata di oggi nel Salone delle Feste del Quirinale, davanti al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Sono 21 in tutto i ministri che, tra la visibile emozione e anche qualche gag, hanno pronunciato la tradizionale formula di rito: "Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell'interesse esclusivo della nazione". Il primo a giurare è stato il nuovo premier Silvio Berlusconi, per il quale questo sarà il quarto governo da lui guidato. A seguire i ministri senza portafoglio, il primo fra i quali Elio Vito (Rapporti con il Parlamento), e poi Umberto Bossi (Riforme), fino ad arrivare ai ministri con portafoglio come Giulio Tremonti (Economia) e Franco Frattini (Esteri). Ma è stata la tradizionale foto di gruppo scattata nel Salone delle Feste al termine del giuramento, che ritrae il premier Berlusconi insieme alla squadra di governo e al presidente della Repubblica, a sancire di fatto l'avvio del nuovo esecutivo. Dopo la foto, il Cavaliere, tra gli applausi del pubblico in festa a Piazza Colonna, è entrato a Palazzo Chigi, nel cui cortile interno è stato accolto dai picchetti d'onore delle armi, per poi salire nello studio del premier uscente Romano Prodi per il passaggio delle consegne. Qui ha avuto luogo anche un colloquio, nel corso del quale il Professore ha consigliato a Berlusconi di proseguire sulla strada del risanamento dell'economia e della lotta all'evasione fiscale. Per finire con il rito formale della consegna della campanella, con cui il premier apre e chiude le riunioni del Consiglio dei ministri. Un incontro, l'ultimo, conclusosi con una stretta di mano di fronte alle telecamere, ma senza alcun sorriso da parte del nuovo premier. Consegnata la campanella, Prodi, come da tradizione, ha percorso il tappeto rosso del cortile di Palazzo Chigi, salutato dal picchetto d'onore e applaudito dai dipendenti della presidenza del Consiglio.
Berlusconi in Consiglio dei ministri: "c'è tanto da lavorare" - Al termine della cerimonia di giuramento e di passaggio delle consegne, è stato indetto il primo Consiglio dei ministri della nuova legislatura. Berlusconi ha augurato alla squadra di governo "buon lavoro", insistento sulla "missione" dell'esecutivo:" Milioni di italiani guardano a noi: non possiamo deluderli." E ha concluso dicendo che "c'è tanto da lavorare". Poi, dopo un sopralluogo in sala stampa a Palazzo Chigi, ha subito notato lo sfondo di colore azzurro voluto da Prodi nel vecchio fondale della saletta, e ha affermato che sarà meglio ripristinare quello che c'era prima.
La lista dei ministri - Il nuovo premier Silvio Berlusconi si è distinto per aver dimostrato una velocità record nel comunicare la lista dei ministri del suo nuovo governo immediatamente dopo il conferimento dell'incarico di dar vita ad un esecutivo da parte del presidente Napolitano.
Di seguito la lista completa dei ministri:
Ministri senza portafoglio: Riforme: Umberto Bossi; Semplificazione: Roberto Calderoli; Attuazione Programma: Gianfranco Rotondi; Politiche Comunitarie: Andrea Ronchi; Pari Opportunità: Mara Carfagna; Affari regionali: Raffaele Fitto; Politiche giovanili: Giorgia Meloni; Rapporti con parlamento: Elio Vito; Innovazione: Renato Brunetta.
Ministri con portafoglio: Esteri: Franco Frattini; Interno: Roberto Maroni; Giustizia: Angelino Alfano; Economia: Giulio Tremonti; Difesa: Ignazio La Russa; Sviluppo economico: Claudio Scajola; Pubblica istruzione: Maria Stella Gelmini; Politiche agricole: Luca Zaia; Ambiente: Stefania Prestigiacomo; Infrastrutture: Altero Matteoli; Welfare: Maurizio Sacconi; Beni culturali: Sandro Bondi.

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Rifiuti, Italia deferita alla Corte per inadempienza

Bruxelles. La Commissione europea aveva già annunciato la propria decisione di voler deferire il nostro Paese alla Corte di Giustizia del Lussemburgo, a causa dell'inadempienza mostrata per una corretta e definitiva soluzione dell'emergenza rifiuti che attanaglia Napoli e Campania, oltre alla presenza di una situazione simile anche nel Lazio. Adesso, la decisione alla quale è arrivata la stessa Commissione Ue nella giornata di martedì 6 maggio, porterà lo Stato italiano ad essere sottoposto al giudizio della corte, rischiando ingenti sanzioni. Le parole espresse dalla commissione sono perentorie:" Nonostante progressi siano stati fatti per migliorare il sistema, non ci sono certezze sui tempi né sul fatto che il problema sarà risolto con le misure prese fino ad ora". Una decisione dura, ma motivata dalla pericolosità della situazione, come spiega il commissario Ue all'Ambiente Stavros Dimas: Le montagne di rifiuti non raccolti accumulatisi per le strade della Campania illustrano emblematicamente le minacce per l'ambiente e per la salute umana risultanti da una gestione inadeguata dei rifiuti. Occorre che l'Italia dia priorità all'elaborazione di piani efficienti di gestione dei rifiuti in Campania e nel Lazio, nonchè alla realizzazione delle infrastrutture di raccolta e di trattamento necessarie per attuarli correttamente". Il rischio che Roma riceva sanzioni per quanto si sta verificando è indubbiamente alto. L'unica soluzione sarebbe l'adozione immediata di un piano conforme alle normative comunitarie, cosa che lo Stato italiano, almeno per il momento, non ha comunicato di voler realizzare. La Corte di Giustizia europea aveva già condannato in primo grado Roma, nel giugno del 2007, proprio per non aver adottato nel Lazio un adeguato piano per lo smaltimento dei rifiuti pericolosi. Un'inadempienza che la commissione europea ha adesso provveduto a ribadire con un comunicato ("Warning Letter") che sarà racapitato a Roma, secondo quanto stabilito dall'Esecutivo comunitario. In ogni caso, la procedura destinata ad aprirsi alla Corte del Lussemburgo sarà lunga, prima di approdare a un verdetto che condanni o scagioni l'Italia ci vorranno alcuni mesi e, se il verdetto sarà negativo, sarà avviata una seconda procedura, con nuove messe in mora da parte della Commissione, alle quali l'Italia potrà rispondere, riuscendo possibilmente ad eliminare lo spettro di una condanna definitiva, di certo non poco influente per le tasche del Paese.

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Birmania, il ciclone provoca oltre 27 mila morti

Rangoon. Non è opera dell'uomo, questa volta, la devastazione alla quale si trova sottoposta la Birmania meridionale da sabato 3 maggio, vittima indifesa al passaggio del temibile ciclone Nargis, che ha letteralmente spazzato le zone del sud, mettendole in ginocchio con venti che hanno raggiunto anche i 240 km orari. Il ciclone, proveniente dal Golfo del Bengala e classificato nella categoria tre, ha provocato maggiore distruzione nella regione del delta del fiume Irrawaddy. Ammontano ad oltre 27.000 i morti e a 41.000 i dispersi accertati, una devastazione che sembra aver raggiunto simili porzioni catastrofiche a causa dell'ondata di piena, alta 3,6 metri, che ha accompagnato la tempesta tropicale, con la conseguenza che la stessa ex capitale Rangoon, una tra le maggiori città birmane, ha sofferto persino la mancanza di acqua ed energia elettrica, con le strade riempite da detriti e macerie, e la città di Bogalay, situata nel delta dell'Irrawaddy, ha riportato danni di portata tale da lasciare la maggior parte dei suoi 190.000 abitanti senza tetto. Uno stato che ha costretto il regime militare ad aprire agli aiuti dall'estero, revocando il limite imposto, che permetteva solo all'Onu di intervenire in soccorso del popolo birmano. Ma, come affermato dal ministro della Protezione sociale Maung Maung Swe, gli esperti stranieri dovranno negoziare con la giunta l'ingresso in Birmania. Le autorità birmane non ritirano del tutto i paletti imposti in precedenza, dunque, tanto che il regime sta temporeggiando nel rilascio dei necessari visti ad adetti ed esperti delle agenzie umanitarie dell'Onu. Dal canto suo, la macchina degli aiuti internazionali è già stata messa in moto. Le Nazioni Unite hanno annunciato di essere pronte all'intervento immediato. A loro ha fatto seguito la Casa Bianca, che tuttavia ha sottolineato che si assicurerà di monitorare i propri fondi messi a disposizione del regime militare birmano, in modo che la giunta ne faccia un uso opportuno. Ha contribuito subito anche il Ministero degli Esteri italiano, che ha risposto all'appello della Ficross (Federazione Internazionale delle Croci Rosse e delle Mezze Lune Rosse) erogando, attraverso la Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo, un contributo pari a 123.000 euro. Il portavoce della Federazione della Croce Rossa internazionale, Michael Annear, ha assicurato che i primi, significativi aiuti sono già arrivati, con la distribuzione di 5.000 litri di acqua potabile, kit di sopravvivenza, pasticche di cloro per la potabilizzazione, teli di plastica, zanzariere e coperte. Intanto, secondo una stima effettuata dagli scienziati del Politecnico di Torino, la tempesta tropicale avrebbe coinvolto un totale di due milioni di persone. A margine di una situazione già abbastanza difficile, non mancano episodi in cui torna a preoccupare la linea politica dura adottata dal regime militare birmano. Un'organizzazione per i diritti umani thailandese ha raccontato che a causa del crollo delle soffitte di alcune celle, 1000 prigionieri sarebbero stati radunati in un cortile per evitare che tentassero la fuga, e proprio in quel luogo la polizia penitenziaria sarebbe intervenuta colpendoli con colpi d'arma da fuoco, uccidendone 36 e ferendone gravemente 70.

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